LA VECCHIA EUROPA MATRIARCALE
Alessandro Verdecchi – Roma 03/01/19
C’era una volta , molti anni fa , una Europa Matriarcale . Poi tutto andò in malora , in pochi millenni . Il cambiamento cominciò , come sostiene l’archeologa e antropologa Marija Gimbutas (1921-1994) a seguito di una serie di invasioni militari di popolazioni , dette da lei Kurgan, che arrivarono dal profondo Est-Europa . Secondo lei l’espansione della cultura Kurgan portò la nuova ideologia guerriera e patriarcale che si impose sulla pacifica cultura matriarcale della Vecchia Europa . Questa conquista militare , perché di questo si trattò , avvenne in tre grandi ondate migratorie , sanguinose e violente , all’incirca dall’anno 4.000 al 1.000 a.c. . La teoria “Kurganica” è una teoria che descrive la diffusione delle lingue indoeuropee in Euroasia a partire dalle steppe comprese tra Mar Nero e Caucaso . Gimbutas sosteneva che le espansioni della cultura Kurgan furono essenzialmente una serie di incursioni militari attraverso le quali la nuova ideologia guerriera e patriarcale si impose sulla pacifica cultura matriarcale della Vecchia Europa , processo osservabile e da lei studiato attentamente , tramite la comparsa in quei periodi di insediamenti fortificati e delle tombe dei “capi guerrieri” , cosa che prima in Europa non esisteva . La Gimbutas andò avanti per anni con i suoi studi ed evidenziò la natura violenta di questo processo di transizione culturale . Si passò dal culto della “ Dea Madre “ a quello patriarcale del culto del dio celeste “Zeus , Giove…” . Piuttosto che ad una precisa strategia di invasione militare io preferirei dire , come molti studiosi in seguito hanno accennato , che si trattò di una lenta , graduale e progressiva invasione di varie tribù provenienti da quell’area . Indubbiamente quelle tribù indoeuropee erano società patriarcali , governate da un re , capo guerriero eletto (ben diverso dai re-divini egizi e mesopotamici ) caratterizzate da una prima divisione gerarchica fra guerrieri , sacerdoti , lavoratori , con donne e schiavi relegati in secondo piano . Questi invasori indoeuropei avevano una religione politeista con al centro figure di dèi padri celesti , in opposizione alle religioni delle dee madri tipiche delle popolazioni preindoeuropee . Gli indoeuropei si imposero sulle popolazioni neolitiche in virtù della superiorità militare data “dall’addomesticamento del cavallo “, cosa molto importante che dava certamente dei vantaggi notevoli per gli spostamenti e le operazioni militari . Quando si parla di indoeuropei ci si riferisce ad una popolazione che ha avuto in comune cultura , religione , etnia , lingua e che tra il quarto e il secondo millennio a.c. , a ondate migratorie successive , sarebbe stata la responsabile della violenta colonizzazione dell’Asia centro-meridionale e dell’Europa .
La sociologa Riane Eisler ha indicato con il neologismo “gilania” – dalle parole greche gynè, “donna” e anèr, “uomo” (la lettera l tra i due ha il duplice significato di unione, dal verbo inglese to link, “unire” e dal verbo greco lyein o lyo che significa “sciogliere” o “liberare”) – quella fase storica plurimillenaria (8.000-2500 a.c in rapporto soltanto al neolitico) fondata sull’eguaglianza dei sessi e sulla sostanziale assenza di gerarchia e autorità, di cui si conservano tracce tanto nelle comunità umane del Paleolitico superiore quanto in quelle agricole del Neolitico. La Eisler quindi contesta duramente l’opinione dominante, particolarmente diffusa nella società occidentale « grazie » soprattutto all’opera di propaganda svolta dalla storiografia ufficiale, secondo cui gli esseri umani sarebbero sempre stati violenti proprio a causa di una loro intrinseca natura. Questo « assioma » si è sviluppato perché storici e antropologi hanno arbitrariamente collocato l’inizio della civilizzazione umana in un periodo dove la nascita e lo sviluppo del linguaggio scritto sono andati di pari passo alla diffusione della violenza e delle guerre . Riane Eisler, nata nel 1931 a Vienna , scrittrice ed attivista sociale , partecipa a varie organizzazioni che hanno lo scopo di promuovere una cultura ed una società fondate sulla collaborazione anziché sulla competizione e sulla violenza.
Ma torniamo ai Kurgan , vale la pena approfondire ancora qualcosa per capire meglio oggi chi siamo . Ai vertici della gerarchia Kurgan stavano i sacerdoti e, soprattutto, i capi-pastori, i quali diventavano tali in funzione del numero di animali che detenevano, relegando i nullatenenti a posizioni di subordinazione (guardiani delle greggi); la donna stessa, non svolgendo più nessuna funzione economica come nei modi di produzione paleolitico e neolitico, divenne una pura proprietà dei capi-pastori. Questi decidevano se e quando le donne potevano sposarsi (potevano farlo solo con possessori di bestiame), divenendo quindi una sorta di oggetto atto esclusivamente alla procreazione. Il modo di produzione nomade-pastorale non era interno alla società neolitica ma anzi del tutto esterno ad essa. Il meccanismo, che inizialmente vedeva i due sistemi convivere, ad un certo punto è entrato in crisi. I pastori avrebbero preso a conquistare con la forza le terre che i neolitici coltivavano comunemente, estendendo il dominio, fondato su un sistema gerarchico, della loro società a quella neolitica. Per i nomadi pastori si trattava a questo punto di estendere le relazioni di dominio tribali su scala enormemente più vasta e ciò non poteva che contribuire alla nascita di un sistema di controllo militare e poliziesco. È proprio la cultura nomade-pastorale dei Kurgan che distrugge le società gilaniche e introduce i primi germi d’autorità (patriarcale e militare), dando luogo all’insorgere storico dello Stato come strumento in grado di gestire il dominio su vastissime aree su una popolazione numerosa e resa schiava da questi popoli. Quindi , in sintesi possiamo affermare che quella dei “Kurgan” era una società prettamente gerarchica – quindi sessista (patriarcato) e classista – violenta e rozza. Le comunità dei Kurgan si presentarono in Europa come tribù nomadi , dedite alla pastorizia , dotate di micidiali asce da combattimento e con mandrie di cavalli addomesticati che facevano la differenza . Dal punto di vista religioso avevano il culto degli agenti atmosferici, del cielo, della luna, del sole, degli alberi, dei boschi. Queste divinità esprimevano comunque concetti legati al dominio, alla forza e al potere, il loro Dio era un dio maschile, supremo, luminoso, con caratteristiche che successivamente saranno proprie, ad esempio, dell’Ahura Mazda dei popoli iranici, dello Zeus greco o del Giove latino.
Ed eccoci qui , arrivati a noi , ai nostri giorni . La faccenda è che dopo secoli , ma diciamo anche millenni , di buio patriarcale , sembra che le femmine si stiano riprendendo il mondo . Difficili da vedere questi germogli che spuntano faticosamente sui ghiacciai del “patriarcato” annunciando una nuova primavera , ma garantisco che ci sono. Se guardiamo bene , attentamente , li vediamo , piccoli ,timidi , ma ci sono . Saranno loro che ci salveranno dall’impietoso e brutale inverno culturale del mondo Kurgan ? La violenza e la brutalità di questi ultimi 3/4 millenni , con l’apoteosi del ventesimo secolo appena finito , hanno fatto un tale scempio di vite umane che forse possiamo dire di essere arrivati alla fine di questa terribile fase . I Kurgan hanno continuato la loro avanzata attraverso l’oceano Atlantico , oltre le porte d’ercole , fino all’ultima frontiera del Pacifico dove hanno scaricato l’ultima ondata di “violenza atomica” ! Basta ! Il pianeta è stanco e i Kurgan , metaforicamente parlando , tornino nelle steppe caucasiche ! . Il nuovo mondo dominato dalla dea madre guarda le stelle e lascia a terra questi “nomadi a cavallo” che non sanno volare tra gli spazi infiniti dell’universo .